E’ successo tutto all’improvviso, a una manciata di chilometri dal traguardo, nel momento in cui ti aspetti uno scatto e invece succede l’esatto opposto. Si pensa subito a un problema meccanico, ma la bici gira bene, le ruote sono gonfie, la catena in tiro. Niente inconveniente tecnico. Mathieu van der Poel dopo 250 chilometri è nel pieno di una crisi… Davanti la corsa continua, mentre l’olandese viene riassorbito da quello che resta del gruppo che lo guarda stupefatto. Il favorito numero uno sino a quel momento, è ufficialmente fuori dai giochi di Harrogate, città del Regno Unito nella contea inglese del North Yorkshire, rinomata per il suo centro termale.
In queste zone la pioggia è normale tanto quanto il sole, ma oggi il sole non si è visto nemmeno per un minuto. A nulla sono serviti gli indumenti tecnologici da miglia di euro. Dopo ore e ore di acqua torrenziale, nessuno ha ormai più un centimetro di pelle asciutta. E ben presto la pelle zuppa di acqua a poco più di 10 gradi si trasforma in freddo pungente che penetra nelle ossa. Si sbattono le mani e i piedi per riattivare la circolazione e si torna alle regole basi del ciclismo di una volta. Dove bisogna tenere duro, stringere i denti, bere e soprattutto mangiare… Gli ultimi giri sono un corteo impietoso di volti stremati, decimati tra chi si è arreso e chi ancora è tra i gironi infernali del tracciato iridato.
Van der Poel non si ferma, continua a pedalare con lo sguardo basso e sconsolato, ma non rientra ai box, mentre davanti la corsa continua e si consuma la “tragedia” italiana negli ultimi 150 metri. Mathieu arriverà dopo 10 minuti, quando nei box danesi sono già esplosi i festeggiamenti. Non parla, si mette una giacca e vola in albergo. In un altro film, sarebbe arrivato allo strappo degli ultimi 500 metri, avrebbe aperto il gas come suo solito e sarebbe arrivato da solo con la spavalderia dei suoi 24 anni. Sarebbe stato sommerso di foto, interviste, denaro, contratti, impegni, scelte obbligate tra Ciclocross e Mtb (le sue passioni). Sarebbe diventato l’uomo da battere, l’erede al trono di Peter Sagan e il più quotato dai “bookmaker”. Non sarebbe più cresciuto come atleta ma come star o fenomeno da baraccone. Siamo sicuri che per un ragazzo di 24 anni sarebbe stato questo il momento giusto per tutto ciò? Per fortuna così non è stato. Mathieu van der Poel ha scoperto prima del successo, una crisi mai vista prima che gli ha fatto perdere la possibilità di vincere un mondiale in Mountain bike, e una medaglia su strada. Ma soprattutto, gli ha insegnato che non basta essere i più forti sulla carta, che il ciclismo moderno si basa ancora oggi, su semplici accorgimenti che possono determinare il successo o la sconfitta di una competizione. Gli ha insegnato a mandare giù “il rospo” e ripartire con determinazione. Ma soprattutto gli ha insegnato, che si diventa campioni attraverso le sconfitte.
Siamo sicuri che questa beata crisi di fame sia stata una manna dal cielo per questo ragazzo. Che gli abbia dato ancora un po’ di tranquillità. Gli abbia dato il tempo di leccarsi le ferite. Gli abbia dato il tempo di crescere! E ora sì che Mathieu van der Poel farà paura…
@Credit Davide Salvatori