Gracias Alejandro…
Gracias Alejandro…

Gracias Alejandro…

L’attimo dove razionalizzi che ce l’hai fatta è impercettibile ma unico… I sacrifici, le medaglie di bronzo, quelle d’argento, la vittoria che sfuma tante, troppe volte. A 20 anni hai il fisico ma non l’esperienza. A 30 hai tutte e due. A 38 anni fai i conti con atleti che potrebbero essere tuoi figli e hanno una fame rabbiosa di successo. Ti accorgi che cadono tutti come pedine, giro dopo giro, metro dopo metro. In quei 2 minuti di apnea al 28%, quasi 7 ore di gara e 260 chilometri non ci sono rimaste gambe, ma solo sentimenti… sentimenti di atleti soli rimasti a lottare con le proprie paure… la paura di non farcela per l’ennesima, ultima volta della tua carriera. Razionalizzi tutto a circa 15 metri da traguardo quando la coda dell’occhio non vede nessuno dietro, quando ormai nulla e nessuno può fermarti. Vinci uno dei mondiali più duri della storia, piangi e capisci che non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni.
Grazie Alejandro Valverde